L’eredità e i limiti della Legge di Moore
Nel 1965, Gordon Moore, cofondatore di Intel, formulò una delle osservazioni più durature nella storia della tecnologia. La sua previsione, oggi nota come Legge di Moore, affermava che il numero di transistor su un circuito integrato sarebbe raddoppiato ogni 18-24 mesi circa, a parità di costo. Per decenni, questa regola empirica si è dimostrata sorprendentemente accurata, alimentando un’epoca di progresso esponenziale nel settore dei semiconduttori. Dalla metà degli anni ’60 ai primi anni 2000, la Legge di Moore ha permesso ai produttori di chip di realizzare dispositivi sempre più piccoli, veloci ed efficienti dal punto di vista energetico. Tuttavia, dal 2005 in poi, il trend ha iniziato a rallentare. Oggi i chip sono prodotti con tecnologie sotto i 5 nm, sfiorando i limiti della fisica, mentre i costi di ricerca e produzione sono saliti alle stelle. Di conseguenza, la Legge di Moore non è più considerata una legge “naturale”, ma piuttosto un modello in trasformazione strutturale.
Quando lo scaling non scala: le sfide del settore
Il calo dei benefici derivanti dalla miniaturizzazione dei transistor è particolarmente evidente in settori dove stabilità, certificazioni e cicli di vita lunghi sono imprescindibili. In applicazioni industriali come i sistemi di sicurezza funzionale (es. airbag, caldaie) o in ambiti come l’avionica e l’equipaggiamento per l’industria alimentare, anche una piccola modifica al silicio può implicare anni di nuovi test e ricertificazioni. Al di là delle esigenze specifiche, lo scaling geometrico presenta ormai difficoltà tecniche oggettive. Aumentare la densità dei transistor comporta problemi termici, consumi energetici più elevati e maggiore complessità nel mantenere l’integrità del segnale alle alte frequenze. Anche i processi di verifica e validazione diventano più critici, specie nei SoC con miliardi di transistor. Queste limitazioni hanno spinto il settore a ripensare il concetto stesso di progresso tecnologico, abbracciando nuove strategie che vanno oltre il semplice “shrink” geometrico.
L’evoluzione oltre la Legge di Moore
Con il progressivo esaurirsi dello scaling tradizionale, l’industria dei semiconduttori sta seguendo percorsi di innovazione alternativi: stacking 3D, architetture specializzate come ASIC e SoC, hardware open-source come RISC-V, fino alle strategie modulari come i chiplet. Queste soluzioni permettono ai progettisti di suddividere sistemi complessi in più die ottimizzati, assemblati in un unico package, trovando un equilibrio tra prestazioni, testabilità e scalabilità. Oggi il progresso non è più guidato dal solo numero di transistor, ma da un design sistemico e contestualizzato, dove ogni architettura è pensata per un'applicazione specifica, tenendo conto di potenza, prestazioni e vincoli reali. Vale anche la pena osservare che questi ambiti non sono plasmati solo dalle possibilità tecnologiche, ma sempre più dalle strategie dei grandi player. Aziende come Apple, Tesla, Meta guidano l’innovazione fissando nuovi benchmark: dal rapporto prestazioni/consumi, alla spinta verso chiplet per l’AI, fino alla standardizzazione di nodi maturi per applicazioni safety-critical in ambiti aerospaziali o medicali. Queste aziende hanno la scala per influenzare la roadmap delle fonderie e accelerare l’adozione di soluzioni custom, che poi diventano accessibili anche agli attori più piccoli. Tuttavia, questo dinamismo dall’alto può anche accorciare i cicli di vita dei prodotti e aumentare i rischi nella supply chain, specialmente per chi opera in settori regolamentati o con lifecycles lunghi. L’evoluzione oltre la Legge di Moore non è un crollo, ma un cambio di prospettiva. Le prestazioni non sono più dettate solo dalla densità, ma da quanto bene un sistema è architettato, validato e allineato con l’uso reale. In questo nuovo scenario, la scala detta il ritmo, ma è l’agilità a determinare la sopravvivenza.
Architetture progettate per la scalabilità: il ruolo dei chiplet
Una delle innovazioni più dirompenti in questo panorama è rappresentata dall’architettura chiplet. Invece di concentrare tutta la funzionalità in un SoC monolitico, i progettisti suddividono i sistemi in die modulari, ciascuno ottimizzato per un compito specifico, che vengono poi integrati a livello di package.
Questa modularità offre vantaggi significativi:
- Permette di riutilizzare blocchi IP già validati su più prodotti
- Riduce il rischio legato a rese produttive variabili
- Abilita l’integrazione eterogenea di tecnologie diverse
Ad esempio, le funzioni analogiche o safety possono restare su nodi maturi, mentre le unità di calcolo sfruttano tecnologie avanzate. I chiplet migliorano anche la testabilità e la gestione del ciclo di vita. Sistemi modulari possono essere validati a blocchi e aggiornati in modo selettivo: una caratteristica ideale per settori dove certificazione, stabilità e coerenza progettuale nel tempo sono requisiti fondamentali. In un certo senso, i chiplet rappresentano una continuazione pragmatica della promessa di Moore: una crescita prestazionale svincolata dallo scaling geometrico puro.
Modularità a livello di sistema e strategia di ciclo di vita
Se i chiplet introducono modularità a livello di silicio, lo stesso principio si può estendere alla progettazione dei sistemi, specialmente in ambiti industriali dove i cicli di validazione sono lunghi e le durate operative superano i decenni. In questi contesti, la gestione del ciclo di vita diventa una questione strategica. La modularità non è solo un vantaggio prestazionale, ma un abilitatore chiave per la manutenzione, l’aggiornabilità e la resilienza della supply chain. Progettare sistemi modulari permette di isolare i rischi tecnologici, semplificare gli aggiornamenti e prolungare la vita utile di sottosistemi certificati. Tuttavia, progettare con un approccio modulare richiede una profonda sinergia tra competenza applicativa e ingegneria di sistema. In molti casi, è necessario collaborare con design partners che comprendano sia i requisiti tecnici sia i vincoli di lungo periodo in fase di deployment e manutenzione. Queste partnership sono sempre più centrali nei settori industriali e regolamentati, dove garantire la funzionalità e la conformità dei moduli nel tempo è essenziale per mantenere la rilevanza e l’affidabilità dei prodotti.
Verso una nuova idea di scalabilità
Il percorso definito dalla Legge di Moore ha raggiunto un punto di svolta. Mentre la corsa al transistor più piccolo prosegue ai limiti della fisica, la vera innovazione oggi nasce da scelte progettuali intelligenti: architetture capaci di bilanciare prestazioni, efficienza, modularità e sostenibilità nel lungo termine. Per i team di ingegneria attivi in ambiti embedded, industriali o regolamentati, il futuro è fatto di sistemi non solo veloci, ma anche affidabili, adattabili e duraturi. L’era dello scaling intelligente è iniziata: non in contrapposizione alla Legge di Moore, ma come sua naturale evoluzione.